6 (+1) assoli di chitarra, i più belli della storia del rock (secondo me)

Non mi piacciono le classifiche di questo tipo, ma in fondo ho sempre voluto scriverlo un articolo così. Poi la passione della batteria l’ho messa a fuoco in età piuttosto adulta, purtroppo. Invece il primo amore, lo strumento che davvero mi ha fatto innamorare sin da adolescente della musica rock, è stato senza ombra di dubbio la chitarra elettrica.

Così ho pensato a un compromesso, nel tirare giù la mia lista. Questi articoli non hanno senso se vogliono essere delle classifiche: potremmo discutere all’infinito di quali debbano essere i parametri in base ai quali individuare e ordinare i brani, senza trovare un accordo e venirne a capo. La verità è che non si tratta solo di tecnica, ma anche – anzi soprattutto – di emozione. E poi la musica è tale per qualcuno, vale a dire per colui che la ascolta; e ognuno nell’ascolto mette e trova cose differenti in base a chi è, cosa gli piace, quali esperienze ha vissuto etc.

La sintesi l’ho trovata pensando che ok, lo scrivo sto articolo con i migliori assoli di chitarra della storia del rock; ma a patto di mettere in chiaro sin da subito che tale selezione è frutto di una mia personalissima scelta e dei miei gusti, dunque del tutto arbitraria. E ovviamente non ha nessuna pretesa, anche perché se di batteria – dopo anni di studio – comincio ad essere appena appena competente, di chitarra confesso di non sapere assolutamente nulla, né sul piano tecnico né della relativa strumentazione.

Altra cosa, prima di spiattellarvele lì le mie top 6, è che in realtà i brani sarebbero 7. Il settimo, anzi il primo a dire il vero, sarebbe Comfortably Numb dei Pink Floyd, con l’assolo reso magico dal tocco e dal suono di mr. David Gilmour. Ma di questo brano ho scritto talmente tanto in passati articoli (anche recenti) di questo blog, che non credo sia il caso di inserirla anche in questa lista. Concentriamoci piuttosto, una volta tanto, su tutto il resto, su brani che non siano Pink Floyd.

Oltre a qualche curiosità trovata qua e là per lo più sul web, ho voluto inserire come ultimo punto anche un veloce commento sulla parte di batteria che accompagna il solo. Il protagonista indiscusso è il chitarrista, ci mancherebbe; ma fateci caso, in ognuno di questi brani i batteristi non si limitano a “tenere il tempo”: le loro scelte contribuiscono all’intenzione complessiva e costruiscono un paesaggio sonoro che permette alla chitarra di brillare, elevando l’assolo a un momento di pura magia musicale.

Ok, partiamo…


Album: Electric Ladyland (1968). Jimi Hendrix ha preso una canzone folk di Bob Dylan e l’ha trasformata in un’epopea elettrica, ridefinendo da lì in avanti il ruolo della chitarra nella storia del rock. Un vero punto di svolta.

Curiosità:

  • Bob Dylan ha dichiarato di trovare questa versione di gran lunga superiore alla sua. Al punto che, dopo averla ascoltata, ha iniziato a suonarla “alla Jimi” nei suoi concerti… non c’è bisogno di aggiungere altro.
  • L’assolo centrale è potente, allucinato, psichedelico. Nasce in un modo, si trasforma in qualcos’altro e poi cambia ancora, per tornare infine al punto di partenza e rientrare nel brano in corrispondenza dell’inizio della seconda strofa.
  • A parte il fatto che Hendrix suonava le Fender Stratocaster da mancino, quindi con manico e corde invertite (e ogni tanto le pure incendiava sul palco), ignoro qualunque altra nozione inerente la sua strumentazione o l’esecuzione. Ma una volta ho visto l’intervista al suo manager (o tecnico di studio, non ricordo chi fosse) che diceva che in una delle quattro parti dell’assolo Jimi usò un accendino per registrare il particolare suono slide che si sente.

Un aggettivo per l’assolo: game changer.

Il batterista: Mitch Mitchell asseconda l’istinto selvaggio di Hendrix fornendo un sostegno dinamico in cui improvvisazione jazz ed energia rock si fondono in modo straordinario.


Album: Hotel California (1976). Le chitarre di Don Felder e Joe Walsh si passano ripetutamente il testimone, l’assolo finale è pura perfezione. Un brano e un album che hanno definito l’immaginario del rock californiano degli anni ’70.

Curiosità:

  • Il riff principale è nato come demo di Don Felder (nel 2001 sarà cacciato dalla band), che l’ha registrato a casa su una chitarra a 12 corde con il working title di Mexican Reggae.
  • L’assolo finale, suonato come un dialogo tra le due chitarre, è una idea molto innovativa per l’epoca. La versione del disco si chiude con un fade-out, mentre dal vivo le due linee finivano per sovrapporsi prima che la canzone si interrompesse bruscamente. Felder suonava una double neck, mentre Walsh era solito imbracciare una vecchia Telecaster.
  • Nelle intenzioni degli Eagles (Don Henley e Glen Frey firmano un testo misterioso e a tratti inquietante) l’Hotel California è simbolo e allegoria dello stile di vita edonistico di quegli anni, delle illusioni e delusioni, degli eccessi e inganni del rock ‘n ‘roll.

Un aggettivo per l’assolo: evocativo.

Il batterista: Don Henley, che è anche voce solista del brano (uno dei pochissimi casi nella storia del rock), sfodera un drumming preciso ed elegante, contribuendo al crescendo finale con idee e fill tecnicamente semplici ma molto musicali.


Album: American Stars ‘n Bars (1977). Gli assolo di Neil Young in questo brano sono una tempesta emotiva che cattura l’essenza del suo stile chitarristico: grezzo, ruvido, dalle sonorità quasi abrasive.

Curiosità:

  •  Si tratta di una cavalcata elettrica che narra di un’infatuazione per una ragazza incontrata in un bar affollato e fumoso che travolge “come un uragano” il protagonista della canzone.
  • Il brano è caratterizzato dall’uso della chitarra Gibson Les Paul del 1953 soprannominata “Old Black”, che contribuisce al suono distintivo degli assolo e crea un’esperienza emotiva quasi viscerale.
  • Neil Young ha voluto catturare un senso di urgenza e immediatezza. La registrazione mantiene una qualità quasi live, con le imperfezioni sonore ed esecutive che diventano parte integrante del carattere del pezzo.

Un aggettivo per l’assolo: travolgente.

Il batterista: il groove di Ralph Molina è molto regolare, l’accompagnamento alterna ride e hi-hat sui quarti (scelta interessante) e così facendo conferisce stabilità al caos emotivo delle lunghe frasi di chitarra.


Album: (Pronounced ‘Lĕh-‘nérd ‘Skin-‘nérd) (1973). Dalla west coast al southern rock… l’assolo di Free Bird, ascrivibile in particolare ad Allen Collins (uno dei chitarristi della formazione), è un grido di libertà: rappresenta la capacità della chitarra di essere non solo uno strumento, ma una forza primordiale capace di rompere ogni argine.

Curiosità:

  • Il pezzo sarebbe dedicato a Duane Allman degli Allman Brothers Band, morto in un incidente di motocicletta nel 1971, un altro che la chitarra la sapeva suonare benino…
  • A renderlo iconico è la contrapposizione tra la chitarra slide dolce e malinconica di Gary Rossington, che caratterizza strofe e ritornello, e la scarica di note travolgenti dell’assolo conclusivo, suonato da Allen Collins con una Gibson Firebird.
  • Durante i concerti, l’assolo veniva spesso esteso e suonato addirittura con tre chitarre, diventando una jam session incredibile e una orgia chitarristica interminabile che mandava in visibilio il pubblico.

Un aggettivo per l’assolo: indiavolato.

Il batterista: il lavoro di Artimus Pyle è un vero tour de force. Durante l’assolo il drumming cambia ritmo e si trasforma in un tripudio di rullate e colpi sui tom, che seguono le evoluzioni pirotecniche della chitarra. I colpi martellanti sul rullante, combinati con l’uso creativo dei piatti (prima solo sul primo quarto, poi sul primo e terzo, poi tutto il giro), raggiungono l’apice nel finale amplificando l’effetto catartico del brano.


Album: Led Zeppelin III (1970). Jimmy Page trasforma ogni nota in una confessione, raccontando una storia di dolore e passione attraverso un linguaggio blues che affonda le radici nell’autenticità. Questo assolo rappresenta la potenza della chitarra nell’esprimere emozioni senza filtri.

Curiosità:

  • Il brano è il perfetto esempio di quell’hard rock di derivazione blues che, insieme alle suggestioni folk, è il marchio di fabbrica dei Led Zeppelin. In questo tipo di articoli in genere viene citata Stairway to heaven, certamente più famosa, ma Since I’ve been loving you è più sporca e loud (pesante): la preferisco.
  • L’assolo centrale, straziante, combina blues, rock e passione pura. È noto per il “crying tone” della chitarra, ottenuto grazie a un mix di amplificatori Marshall e a una registrazione quasi cruda, senza troppi effetti.
  • La Gibson Les Paul di Jimmy Page è una voce che urla disperazione. Il chitarrista ha dichiarato che il solo è stato registrato praticamente live in studio, dimostrando il suo talento naturale per l’improvvisazione.

Un aggettivo per l’assolo: dirty.

Il batterista: John Bonham è una forza della natura. Nella intro si sente distintamente il cigolio del pedale della sua cassa. Il drumming è ricco di dinamiche, da tocchi leggeri a esplosioni potenti, il groove è particolarmente bluesy, con cassa molto presente e un rullante che ti apre la faccia a metà. I fill, interminabili corse sui tom, accompagnano il crescendo esplosivo del brano e dell’assolo, drammatizzandone l’emotività.


Album: Selling England by the Pound (1973) Steve Hackett si prende la scena e usa la chitarra per dare vita a un racconto musicale che fonde il classico con il rock progressivo. L’assolo che dialoga con il tema del pianoforte mostra come la melodia possa essere il fulcro dell’emozione. Qui la chitarra non è solo tecnica: è poesia.

Curiosità:

  • Se il brano precedente rappresenta una sorpresa (ma la band no), qui compio una scelta molto personale. Di solito in queste liste si cita Eruption di Eddie Van Halen, ma secondo me invece non può mancare Firth of Fifth.
  • Il titolo è un gioco di parole (cosa in cui Peter Gabriel era un maestro) sul fiume Forth in Scozia e richiama l’interesse dei Genesis per i riferimenti culturali e geografici britannici. Il brano nel complesso mostra il virtuosismo e l’incredibile coesione musicale della band.
  • L’assolo di chitarra (anche in questo caso una Gibson Les Paul) è la prosecuzione del tema melodico introdotto dal flauto e sviluppato in crescendo al piano e alle tastiere da Tony Banks, portandolo a vette epiche di lirismo e complessità. Steve Hackett ha dichiarato che rappresenta uno dei momenti in cui si è sentito più libero di esprimersi artisticamente all’interno della band.

Un aggettivo per l’assolo: epico.

Il batterista: Phil Collins, prima di diventare famoso come cantante e front man, era un batterista fottutamente eccezionale. Durante l’assolo i suoi colpi sono eleganti e fantasiosi, quasi orchestrali. Usa fill e tom per supportare la narrazione di Hackett, lasciando spazio alla chitarra ma senza mai scomparire.


Fine della corsa… Questi sei brani (sette con Comfortably Numb), ognuno a modo suo, dimostrano come la chitarra rock sia molto più di uno strumento musicale: è una voce che parla direttamente all’anima, capace di spingersi oltre i limiti, raccontare storie, evocare emozioni, dipingere mondi e trasportare l’ascoltatore in dimensioni diverse.

Ve ne vengono in mente altri? Naturalmente, vengono in mente anche a me! Faccio fatica a non citare Ritchie Blackmore con Highway Star o Mark Knopfler con Sultans of Swing, ad esempio. E molti altri in anni più recenti. Ma a un certo punto dovevo pur fermarmi e questi per me sono i più belli ed espressivi, quelli che non posso fare a meno di citare.

Siete a conoscenza di curiosità ulteriori riguardanti magari la tecnica esecutiva (bending, sustain etc.) o la strumentazione (pickup, amplificatori, effetti etc.) usata negli assoli? In entrambi i casi, sentitevi liberi – se vi va – di lasciare un commento. Eventualmente anche sulla mia scarsa fantasia di batterista, qui di seguito, nel “contribuire al paesaggio sonoro dipinto dal torrente di note che sgorgano dalla chitarra elevando l’assolo a momento di magia musicale trascendente” bla bla bla….

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