Gli scenari e gli spazi immensi del grande West americano si prestano al concetto di road trip, questo è risaputo. Le highways americane erano l’unico modo per coprire le distanze nella prima metà del secolo scorso, un’epoca in cui i treni e gli aerei ancora non erano largamente diffusi come mezzi di trasporto.
Milioni di persone si muovevano verso ovest alla ricerca di lavoro, di una opportunità, di una esistenza migliore per se stessi e i propri figli. Poi è arrivata la modernità e sono profondamente cambiate le ragioni per mettersi in viaggio “sulla strada”. Le necessità e le suggestioni di quell’epoca oggi alimentano invece una forma di turismo, quella del viaggio itinerante on the road attraverso gli scenari impareggiabili offerti dalla natura in questo angolo di nordamerica.
Libri, canzoni, film: l’immaginario in cui siamo nati e cresciuti è fatto di questo. Sono in buona misura le stesse suggestioni che mi hanno portato sulle strade d’America, per assecondare lo spirito di avventura, la ricerca della libertà e dell’affermazione dell’individualità. Suggestioni amplificate da una Harley Davidson, un marchio che su questi significati ha saputo costruire un mito e una tribù di fedeli appassionati. In più, nel mio caso, c’entrava anche l’amicizia.
Con Simone abbiamo avuto la fortuna di fare un percorso parallelo in una certa fase delle nostre vite, un bel pezzo di strada insieme mi verrebbe da dire. Sotto le ruote delle nostre Harley, l’asfalto scorreva veloce. E così dicasi per il tempo, ma ci siamo goduti ogni miglio.
Da quelli fatti in Florida nel 2012, a bordo di una utilitaria, quando ancora non avevamo una Harley (e personalmente neanche la patente per guidarla). A quelli fatti nel West, attraversando per la prima volta in sella a due Harley Davidson la California, Arizona, Utah e Nevada (il viaggio dell’ingenuita e della scoperta, come ho già avuto modo di definirlo in un precedente articolo del mio blog).
Per poi, l’anno dopo ancora, sempre in Harley (ma stavolta in 3, c’era anche il mitico Michele) partire da Los Angeles, attraversare il continente e finire il viaggio a New Orleans, proprio come i protagonisti di Easy Rider. Senza un perché, solo per la voglia di farlo, per il bisogno di andare. In Harley e in America. Di compiere la nostra impresa, quello che a posteriori ho definito il viaggio della ricerca e dell’esperienza.
Sapevamo, in fondo, che dopo di quello non ce ne sarebbe stato un altro così, che le cose sarebbero cambiate. Come quando raggiungi un obiettivo: può sembrare paradossale, ma essere lì lì per raggiungerlo è molto meglio che averlo già raggiunto. Mentre ci avvicinavamo a New Orleans, chilometro dopo chilometro la malinconia prendeva il posto dell’euforia: mi sentivo alla fine di un ciclo.
Infatti l’anno dopo (e siamo ormai al 2015) sarei ancora andato sulle strade d’America, ma non su una Harley Davidson. Era già un altro capitolo della mia vita. Ma quei chilometri, anzi quelle miglia percorse insieme, ci legheranno per sempre.
Ciò detto, quali sono le highways più belle che ho percorso in America in quegli anni? Eccole qui di seguito, ordinate più che altro in senso cronologico; dunque non è una vera e propria classifica, piuttosto vuole essere un espediente per tirare fuori dal cassetto vecchie emozioni e ricordi. E raccontare qualcosa che potrebbe interessare a qualcuno che magari sta pianificando un viaggio da quelle parti, o che sta accarezzando l’idea di farlo.
Iniziamo con una highway percorsa in macchina durante il viaggio del 2012, quello in Florida, come detto il primo in assoluto fatto con il mio amico Simone. Anche se ancora non eravamo riders, la strada merita comunque una menzione per la sua straordinaria particolarità. Quel viaggio inoltre fu seminale perché gettò le premesse per i successivi: sperimentammo il fascino del road trip negli States e nacque proprio allora (fuori un bar a Sarasota, per la precisione) la comune suggestione per l’Harley Davidson.

La US1, anche nota come “Overseas Highway”, è una strada panoramica molto affascinante che collega il parco delle Everglades nella parte meridionale della Florida alle Florida Keys, un infinito arcipelago di isolette che si distendono per 160 km fra l’Oceano Atlantico e il Golfo del Messico. Il soprannome è ampiamente meritato: percorrendo “la statale sopra i mari” in alcuni tratti sembra davvero di volare sul blu, la strada permette di esplorare le Keys con una grande comodità.

Non solo è l’unica via per arrivare a Key West e scattare una foto nel punto più a sud degli Stati Uniti continentali, ma è anche una piacevole occasione per ammirare scorci panoramici sul mare e scattare qualche foto alla vecchia ferrovia di Flagler, di cui praticamente ricalca il tracciato avendone preso il posto.
I ricordi di quel primo mitico viaggio sono condensati in questo montaggio di foto sulla musica southern dei mitici Lynyrd Skynyrd: non erano della Florida, ma in quei giorni ci siamo davvero sentiti come uccelli liberi di volare sulla terra e sui mari.
In California, e in sella a una Harley Davidson, la prima highway che percorremmo fu proprio un lungo tratto della mitica e assolata Highway 1, certamente più nota come “Pacific Coast Highway“. Questa strada collega Mendocino, a nord di San Francisco, a Orange County, a sud di Los Angeles, e complessivamente misura più di mille kilometri.
Era il 2013. Subito dopo il bike pick up, uscendo da Los Angeles ci dirigemmo per parecchie miglia verso sud. Ricordo che ci fermammo ad Huntington Beach, o almeno credo fosse Huntington, per le prime foto celebrative. Stavamo ancora prendendo confidenza io con il Road King e Simone con la Fat Boy, i modelli che avevamo scelto per il viaggio. Il sogno era cominciato!
Piccolo flashforward. Alla fine di quel viaggio percorremmo un altro tratto, molto più lungo, della Highway 1: da San Francisco a Lax ma in auto, passando per Monterey, Carmel by the Sea, la mitica strada costiera di Big Sur e infine la Ventura Highway.
Tutti posti mitici e carichi di suggestioni, ma devo dire che – abituati ad esempio alla costiera amalfitana – non rimanemmo particolarmente impressionati dalle scogliere di Big Sur, che invece nello storytelling dei viaggi on the road passa per essere la meta più affascinante.

E appunto eravamo in macchina, le Harley quella volta le avevamo già lasciate a Las Vegas. Sempre in macchina infine, una Ford Mustang decappottabile, nel 2015 percorsi anche il tratto da Santa Monica a Malibu, ma alla ricerca di ben altre vibes.

Route 66, anche nota come… Route 66! Questa vecchia e sgangherata highway che attraversa gli States da Chicago a Santa Monica infatti non ha certo bisogno di presentazioni. E’ la strada per antonomasia del mito americano dei viaggi on the road, è lunga circa 4 mila kilometri e il mio tratto preferito è quello da Amboy a Needles in California. La prima volta ci ritrovammo sulla cosiddetta Mother Road dopo aver attraversato il deserto da Twentynine Palms fino alla junction con la 66.
Cento metri oltre il passaggio a livello c’è Amboy, una delle città fantasma visibili lungo il vecchio tracciato, di cui sopravvive solo l’iconico distributore di benzina Roy’s: un autentico landmark per i riders della Route 66.
Come noto, la Route 66 nella sua funzione di arteria stradale di collegamento tra il Texas e la California (gli stati che ho visitato io) è stata sostituita dalla moderna I40, che ne ricalca quasi totalmente il tracciato.
Tuttavia, per fortuna, tratti originari della Mother Road sopravvivono qua e là e alcune cittadine, pur beneficiando del traffico della parallela intestate, hanno ancora la vecchia “Historic Route 66” come main street: un classico esempio è la moderna cittadina di Williams.
Noi abbiamo anche percorso il tratto in Arizona da Williams a Seligman, l’anno dopo. E altre miglia per andare verso est, prima a Santa Fé e poi ad Amarillo. In California sono passato per due anni consecutivi dalla caratteristica Oatman, la città mineraria che cerca di sopravvivere alla modernità sul primissimo tracciato della Mother Road (che si inerpicava sulle Black Mountains prima di varcare il confine della California e terminare al Santa Monica Pier, sull’Oceano Pacifico).
Ma secondo la mia esperienza il segmento stradale da Amboy a Needles è quello da percorrere, se si vuole provare una genuina esperienza di guida sulla Mother Road. Miglia in mezzo al nulla, dust devil e tumbleweed, baracche abbandonate e cassette della posta ai lati della strada, ma nessuna abitazione…
Come in un film, ma è tutto vero. Un posto remoto e magnetico, un fascino tutto particolare. Quanta vita e quante storie sono transitate da quell’asfalto (ne ho già parlato anche in questo articolo). Ad Amboy in effetti sono inopinatamente tornato anche nel 2015, ma come ho già detto non ero più in sella a una Harley…
US163, la strada che attraversa il territorio della Navajo Nation, ovvero la Monument Valley. Il codice numerico può non dire nulla, ma anche questa strada nel sud del magico Utah è parecchio famosa ed è probabile che la conosciate. Il tratto più celebre, immortalato in decine di pellicole cinematografiche, è quello che si percorre una ventina di miglia prima di arrivare al visitor center del parco venendo da nord: un tratto rettilineo in leggera discesa che dà proprio l’impressione di scendere in una valle, incorniciato sullo sfondo da formazioni rocciose maestose e frastagliate disegnate dal tempo.
Le curve successive sono ancora più scenografiche, consentendo di ammirare da vicino mentre sei in sella le incredibili pareti di arenaria rossa di torrioni rocciosi (butte) e mesas scolpite dalla natura.
Il tratto più bello, per me, è però quello dopo il visitor center della Monument Valley, da percorrersi rigorosamente da sud verso nord. Venendo dall’Arizona per intenderci, imboccando la 163 da Kayenta. La cavalcata in Harley è scandita dal riferimento rappresentato sulla linea dell’orizzonte da due maestosi torrioni, come fossero un cancello da superare per accedere all’eternità. E quando li superi, la strada scende dolcemente e l’anima sembra volare in sella alla tua Harley.
Quelle cavalcate (l’ho percorsa su e giù diverse volte, per 3 anni consecutivi) mi sono rimaste dentro. Sono suggestioni e scenari indimenticabili, che ho descritto anche in questo altro articolo del mio blog.
US550, meglio nota come “Million Dollar Highway”. Siamo nello stato del Colorado, tecnicamente dunque già fuori dal grande West anche se Durango, dove facemmo tappa nel 2014, è conosciuta da molti proprio come location di famosi western.
Il nome un pò altisonante è del tutto meritato, la strada passa per Hermosa e Silverton e arriva fino a Ouray. Nonostante tutto il tratto venga chiamato oggi come Million Dollar Highway, questo nome originariamente indicava gli ultimi 20 km.
E’ considerata come una delle strade più spettacolari e mozzafiato degli US per via delle curve avvolgenti, dei tornanti privi di guardrail sugli strapiombi e delle viste magnifiche che regala mentre la percorri. In effetti in America le highway si caratterizzano di solito per un tracciato essenzialmente rettilineo, ma questa si arrampica sui monti del Colorado dunque fa eccezione
Devo ammettere che, dopo tutte quelle miglia nei paesaggi brulli e polverosi di California, Arizona e Utah, ritrovarsi in vetta alle montagne in un paesaggio che ricorda molto le nostre Alpi suonò un tantino spiazzante. Noi arrivammo fino a Silverton e poi tornammo indietro, quindi non la percorremmo tutta ma comunque superammo passi altissimi come il Coal Bank Pass a 3.240 metri e il Molas Pass a 3.340 metri di altitudine.

Devo anche ringraziare la sorte, per due ragioni. Intanto perché non faceva parte del percorso programmato per quella tappa. Ricordo che avevo lasciato il tappo del serbatoio a una stazione di servizio il giorno prima, così ci recammo al locale dealer Harley per ricomprarlo. E quello, interessato ai dettagli del nostro viaggio, ci parlò della strada e ci disse che assolutamente dovevamo fare una deviazione e percorrerla. Thank you so much bro, ovunque tu sia.. 😎🤙
Secondo poi, mi diverte sempre ricordare che lungo il tragitto un cervo improvvisamente sbucò dalla vegetazione e fece per attraversarmi la strada. Corremmo paralleli l’uno all’altro per una quarantina di metri (durante i quali credo che smisi di respirare) e poi, fortunatamente, scartò di lato dietro la mia Harley. Se mi fosse venuto addosso, sarebbe finita molto male per entrambi. E questo articolo probabilmente non sarebbe mai stato scritto… 😅🤘
























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