Meteor Crater, un cratere dimenticato e misterioso nel cuore dell’Arizona

Lo stato dell’Arizona è ricco di posti insoliti e attrazioni naturali sbalorditive. Una delle più sottovalutate, a mio parere, è l’incredibile Cratere di Barringer, meglio noto come Meteor Crater. Noto per modo di dire: in realtà non lo conosce quasi nessuno, mentre è un luogo che a me è rimasto dentro anche più di altri ben più famosi, forse proprio per via della sorpresa legata alle basse aspettative.

Il sito non è neanche così fuori mano, per chi viaggia lungo la Interstate 40, che sarebbe la moderna autostrada che ha preso il posto della gloriosa Route 66 e che ne ricalca in parte il tracciato: dista circa 50 km da Flagstaff e 20 km da Winslow, dunque una deviazione tutto sommato piccola se si considera la scala sovrumana delle distanze nel West degli States.

Nel mio road trip ci fermammo a dormire proprio a Winslow Arizona, che come ho già avuto modo di spiegare qui è una cittadinotta conosciuta soprattutto per essere citata in una strofa del primo grande successo discografico degli Eagles, Take it Easy risalente al 1972. Il paradosso è che nella canzone si parla di Winslow e di un incrocio dove una sconosciuta a bordo di un pickup lancia uno sguardo fugace al protagonista, che si compiace dell’accaduto.

Ma la cosa potrebbe benissimo essere accaduta in una qualunque delle decine di migliaia di altre città della sterminata provincia americana, tutto sommato anonime, tutte uguali o comunque somiglianti. Insomma si fa il nome di un posto preciso, ma è in realtà un non luogo. Tuttavia la canzone regalò talmente tanta notorietà a Winslow che alla fine l’incrocio lo hanno costruito davvero, e andandoci ti rendi conto che è una specie di set cinematografico. Tutto finto, come le finestre dipinte sul muro che vedete nelle foto, approntato a beneficio dei turisti. E chissà se quelle locandine sono vere o posticce anch’esse. Ma come biasimarli? In fin dei conti in America è un pò tutto così

Però che a Winslow, o per lo meno nei suoi dintorni, non ci sia nulla da vedere, come detto non è vero: veniamo al Meteor Crater. A differenza del “vicino” Amboy Crater (sempre sulla Route 66 ma molto più a ovest) che ha origine vulcanica, questo – come dice anche il nome – ha un’origine legata all’impatto di un meteorite. La cosa sembrerebbe ormai dimostrata, ma fino agli anni ’50 del secolo scorso, non avendo trovato i resti del meteorite, si pensava invece che avesse origine vulcanica.

Il frammento più grande è esposto al centro visitatori, posto che la quasi totalità della massa del meteorite (si stima che avesse un diametro di 46 metri) si è disintegrata a causa della caduta e dell’impatto. Mentre ti avvicini, percorrendo la strada, noti chiaramente questo rilievo (anche perché non ci sono case o alberi a limitare lo sguardo verso l’orizzonte, lo scenario è quello della terra arsa e brulla tipico dell’Arizona) ma non immagini la “buca” ben più profonda che vi si cela dietro. Una volta arrivati, sali le scale e finalmente ti affacci su un abisso che lì per lì ti lascia senza fiato.

Sentimenti prevalenti? La meraviglia, lo stupore e la curiosità. La scala del cratere è sovrumana, e gli spazi sconfinati che lo circondano possono trarre in inganno. Sul fondo ci sono una bombarda e un vecchio serbatoio di acqua: usando un cannocchiale da una delle terrazze panoramiche ci si rende meglio conto di quanto piccoli siano rispetto alla buca scavata dall’impatto. Ovvero di quanto effettivamente possa essere grande il cratere, e di quanto terribile sia stato l’impatto.

Non vi tedio con misure e altri dati tecnici (che trovate su Wikipedia e decine di altri siti), le mie immagini, ancorché amatoriali, credo parlino da sole. Quando abbiamo percorso i sentieri panoramici lungo il bordo, il posto era sferzato dal vento, l’aria pulita, il cielo luminoso e azzurro. C’era pochissima gente, ma questa è una costante qui al Meteor Crater. Difficilmente lo troverete affollato, ed è molto strano se si considera che questo è uno dei pochi luoghi sulla terra in cui si possano osservare così bene gli effetti devastanti legati alla caduta di un meteorite. Il migliore, probabilmente.

Dopo aver indugiato in lungo e largo sul rim, si può scendere al centro visitatori dove vedere gli immancabili contributi e ricostruzioni video, leggere notizie curiose sul sito (in passato usato dalla Nasa per l’addestramento degli astronauti delle missioni Apollo), fare una bella foto ricordo. Nel complesso la visita in autonomia di questo luogo così insolito e straordinario dura circa un’ora, quella guidata va necessariamente prenotata mentre la visita del fondo del cratere non è normalmente consentita ai turisti.

Ricordo benissimo la sottile euforia e l’inspiegabile sensazione di vitalità che questo posto inatteso e sorprendente mi ha trasmesso. La mattina dopo ripartimmo da Winslow e superammo Holbrook alla volta del vicino Petrified Forest National Park. Altre meraviglie ci attendevano lungo la strada.

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