I podcast su YouTube, la piattaforma multiformato per i content creators

YT È sempre stato il mio social preferito perché consente di approfondire interessi anche molto verticali attraverso video di qualità, seguendo canali tematici e gente davvero in gamba che gestisce in prima persona un cosiddetto vlog (o video blog).

Per inciso, in tali casi a mio avviso si può davvero usare il termine influencer, e nella sua accezione più genuina. Niente a che vedere, per intenderci, con l’ostentata esibizione di lifestyle finti o con dinamiche di voyeurismo morboso e ottusa imitazione sociale; solo autorevolezza, competenza e qualità dei contenuti: ne ho già avuto modo di scrivere in questo articolo del mio blog.

Ultimamente poi su YouTube sono stati presentati anche i podcast, un tipo di contenuto che sta conoscendo un discreto successo e una crescente popolarità, e che dunque mi interessa capire meglio.

Così, un pò per diletto (lo confesso) un pò per ragioni professionali (non ho ambizioni da content creator, ma lavoro pur sempre nel digital marketing) ho voluto provare, con l’obiettivo di capire meglio i vari formati e tipi di contenuti che YouTube mette a disposizione. E l’ho fatto pubblicando vecchi materiali che avevo nel cassetto (ovviamente sto parlando di un hard disk portatile) risalenti ai miei viaggi in Harley Davidson attraverso gli Stati Uniti d’America.

Su questo tema avevo già scritto diversi articoli in ordine sparso, raggruppati nella categoria I Viaggi in Harley. Tuttavia, per ragioni di produzione (passatemi il termine) sono rimasti fuori dei contenuti a cui comunque sono affezionato, e ciò è sempre stato fonte di rammarico. Oltre alle foto (ne scattammo diverse centinaia con i nostri device), in particolare mi riferisco ai video che nel 2014 facevamo ogni mattina prima della partenza.

Si trattava di una sorta di briefing sulla giornata in Harley che ci attendeva, un vero e proprio rito (ne avevamo diversi) prima di salire in sella e partire, tutte scenette molto spontanee e informali. Quando ho saputo dei podcast su YouTube, ho subito pensato che questo materiale si prestasse e che, con poco sforzo, avrei potuto pubblicarli sotto forma di podcast (più precisamente di video podcast). E che, oltre che divertirmi, avrei potuto finalmente capire meglio questa novità e le sue implicazioni.

La piattaforma non mi ha deluso. Anzi, come spesso succede in questi casi, l’appetito vien mangiando… intendo dire che più provi e più capisci, più conosci e più scopri, più ti orienti e più le idee prendono una forma che all’ìnizio non pensavi.

Cominciamo col dire ovviamente che YT nasce e prospera con i video, tutti la conoscono per questo e tale matrice è ancora molto evidente. Ma in effetti ci sono già molte altre cose interessanti, per chi ha l’ambizione di fare della creazione di contenuti la propria professione. Il programma di partnership dedicato ai creator consente di monetizzare in vari modi (non solo in base alle visualizzazioni e agli annunci, ma anche ad esempio tramite gli abbonamenti). E si intravede chiaramente quale potrebbe essere l’evoluzione di questo social, la vision che hanno: in breve, quella di sostenere il successo dei creator attraverso una ampia gamma di formati. Queste almeno sono le intenzioni, poi non vuol dire che andrà necessariamente così. Qualche precisazione è legittima e opportuna, dal mio punto di vista. Ma ci tornerò in chiusura.

Quali sono i formati disponibili in piattaforma? Partiamo dal “core”, i video dunque. In passato avevo uploadato e pubblicato dei miei video, più che altro per avere poi la possibilità di incorporarli negli articoli del blog a corredo di un passaggio interessante o significativo di quello che raccontavo.

Da sempre (o comunque da tempo ormai) i video sono anche organizzabili in playlist tematiche. Consentono inoltre le dirette, ovvero il live streaming. Che è lo specifico di Twich (dove ad esempio i gamers trasmettono le loro sessioni di gioco), ma per la verità già da anni la live è un contenuto dilagante un pò su tutti i social da Facebook in giù. E se qualche anno fa le live su YT erano piene di problemi, pare che oggi il gap sia colmato e il servizio sia perfino migliore dello stesso Twitch.

Tra l’altro nel programmare la pubblicazione di un video si può anche scegliere di farlo precedere da una premiere, che in concreto consente agli utenti della community di interagire in chat con il creator nel momento stesso in cui il video viene pubblicato. Interessante.

Poi nel 2020 sono stati introdotti gli Shorts, i video brevi che tanta fortuna hanno conosciuto con TikTok (e che poi Instagram ha provato a imitare con i Reel). E sono facilmente realizzabili a partire, ad esempio, dai video “lunghi” precedentemente caricati e pubblicati in piattaforma.

Per chi è legato ai post, e dunque all’inossidabile abbinata testo+visual, ovviamente c’è anche questo formato, con immagine singola o carousel fino a 5 immagini. In alternativa, con uno YT post si può anche lanciare un sondaggio o, naturalmente, un video. Lato utente, come pure gli Shorts, i post hanno una loro visibilità nel feed. Molto interessante, se di mestiere fai il creator e dunque hai necessità di intrattenere un ingaggio continuo, per non dire quotidiano, con la tua fan base.

Ora con l’arrivo dei podcast il menu rischia di diventare davvero molto completo e per un content creator c’è la possibilità in una unica piattaforma di declinare facilmente su un incredibile numero di formati diversi i propri contenuti, il che la rende evidentemente molto attraente.

Certo, si tratta di un video podcast fruibile attraverso lo streaming, dunque ci sono differenze tecniche, produttive e nell’esperienza di fruizione rispetto ai podcast audio propriamente detti (e su cui non mi soffermerò qui). È anche vero però, come dichiarato dal nuovo CEO di YouTube Neal Mohan in una lettera aperta alla community del marzo scorso, che questo è solo l’inizio: “We will continue to do so as we work to make our platform an even better place to share stories, learn new skills, access information, and build community. Because the best of YouTube is yet to come”.

Comunque, come dicevo volevo capire di più e volevo farlo sporcandomi le mani. Ecco qui dunque la mia creatura, il podcast che ho creato su YouTube con i video del mio viaggio coast to coast in Harley del 2014. Sono 14 episodi (alcuni ancora in fase di pubblicazione mentre scrivo questo articolo), uno per ogni tappa; più un video iniziale all’aeroporto di Fiumicino in cui, per così dire, presentavamo il progetto e due “bonus track” finali con bike camera degli ultimi metri e commenti a caldo appena arrivati a New Orleans.

E’ curioso notare tra l’altro come già all’epoca, in qualche modo, avevamo in testa il fatto di fare quelle riprese e pubblicarle, a beneficio di un pubblico che però non esisteva! Nessuno di noi era un utente attivo sui “social”, né pubblicava contenuti. Io stesso non ero ancora neanche all’inizio del mio percorso digital. Quindi a dispetto di quello che diciamo nei video, sapevamo che lì per lì non avremmo pubblicato nulla. Probabilmente lo facevamo per divertimento, ma a distanza di molti anni mi è piaciuta l’idea di dare seguito a quella inconsapevole intuizione.

Come accennavo, la caratteristica distintiva di questa piattaforma social sarà sempre di più il multiformato. Cosa significa in concreto? Ogni puntata del podcast è promossa, per così dire, da due post. Il primo ha un carattere più narrativo e introduce i luoghi e/o i fatti di cui parliamo nel relativo video, il secondo ha invece un carattere più sintetico e mostra i principali punti di interesse incontrati lungo il percorso della tappa attraverso una galleria di immagini.

In alcuni post ho avuto anche l’opportunità di linkare gli articoli più pertinenti del mio blog, in modo che i diversi contenuti lavorino in modo complementare per restituire i vari aspetti della nostra esperienza di viaggio.

Rimanevano comunque fuori dei video che reputavo divertenti e che abbiamo girato in altri momenti del nostro viaggio, ad esempio la sera in qualche locale o durante le soste o ancora nelle stazioni di servizio lungo il percorso. Come accennavo, l’appetito vien mangiando: ho avuto l’idea di pubblicarli come Shorts, in modo da valorizzarli e allo stesso tempo fare esperienza anche di questo formato.

In breve:
– le puntate del video podcast sono i briefing pretappa. Nelle note ci sono gli stati attraversati (ben 8 in tutto), i nomi delle strade e il chilometraggio (per gli appassionati del genere). Il titolo è ricavato di volta in volta dai dialoghi.
– I post forniscono dettagli sulle attrazioni visitate lungo il percorso.
– Gli Shorts altri momenti divertenti del viaggio, ripresi ad esempio la sera o nelle soste.
– E per alcuni luoghi o posti, nel mio blog ci sono degli articoli che funzionano come approfondimento, con anche alcune delle riprese video fatte dalla bike camera per far rivivere al pubblico gli straordinari paesaggi e panorami delle nostre cavalcate (che poi, in tutto questo, è il primo tipo di formato YT con cui mi sono cimentato).

Bike camera, la Death Valley di primo mattino in tutto il suo maestoso splendore

Se non è multiformato questo! 😎 … E pubblicare il tutto in effetti è stato molto facile. Ma lasciamo stare il mio podcast e torniamo più in generale a YouTube per alcune considerazioni finali.

La prima: già ora lato utente il feed dell’app è un bel frullato, non c’è che dire. Tra video, shorts (che hanno anche un feed a parte), post e annunci pubblicitari, è un coacervo di cose diverse. L’intenzione di chi gestisce la piattaforma è quella di pensare ai contenuti in modo fluido, cross formato appunto. Però le app nascono per far fare bene agli utenti una cosa, o un gruppo di cose strettamente collegate; se ci metti dentro robe tanto diverse, la UX è inevitabilmente compromessa. Questo film lo abbiamo già visto a proposito dei social di casa Meta, tra gli altri.

La seconda. YouTube è ancora inevitabilmente legato a doppio filo al formato video. Lato creator, ci sono punti a favore e punti a sfavore della piattaforma. Tra i secondi c’è il fatto che in app non trovi nativamente tutti gli strumenti di editing che trovi ad esempio su TikTok; del resto la stessa cosa vale per Instagram, e lo dimostra il fatto che molti fanno video su TikTok e poi li condividono su Instagram (e non viceversa). Insomma, relativamente ad alcuni formati, YT Studio non ha quella gamma di soluzioni creative ed espressive che trovi in altre app concorrenti e specializzate.

Questo è particolarmente evidente anche nel caso dei podcast. Allo stato si fa fatica a capire la differenza tra un podcast e un vlog, di fatto il podcast è una playlist di video presentata come un podcast. E il podcast in YT Music, l’app gemella che deve fare concorrenza a Spotify, al momento è presente solo per gli USA.

Però se in futuro, come dichiarato dall’azienda, dovessero dedicare al formato un feed a parte, o anche solo trovare il modo di dargli la stessa visibilità che ora hanno shorts e post, la visibilità dei podcast aumenterà enormemente e di conseguenza diventerà più attraente per i podcasters di professione. In effetti sembra solo questione di tempo, tutto lascia pensare che lo scenario a cui in casa YT stanno lavorando sia questo.

Tra i punti a favore, invece, certamente c’è il fatto che pubblicare e sperimentare formati diversi è estremamente facile. Ma soprattutto che YouTube è in grado di mettere a disposizione dei podcasters degli analytics formidabili, gli stessi dei video in buona sostanza. E’ un potenziale di dati e di insight il cui valore non sfugge, soprattutto a chi della produzione e pubblicazione dei contenuti ha l’obiettivo e l’ambizione di farne una professione.

Infine, come visto anche nel mio caso, va evidenziata la possibilità attraverso tutti questi formati diversi di intercettare nuovo pubblico (quello del secondo sito al mondo per traffico, detto per inciso), che in più può interagire tramite commenti con l’autore e gli altri utenti della community. Cosa che nelle app di podcasting puro tipo Spreaker o la stessa Spotify, che sta investendo molto per integrare i podcast e i videopodcast (e anche per produrli direttamente), non è certamente possibile.

Come scrivevo, vedremo se il futuro premierà la visione e gli sforzi della piattaforma per farsi scegliere dai content creator.

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