Nel precedente articolo ho parlato, tra le altre cose, della miopia di marketing descritta per la prima volta da Theodore Levitt nell’ormai lontano 1960. Chiudevo dicendo che, pur trattandosi di un concetto vecchio 60+ anni, dalla teoria alla pratica il passo è breve e Mark Zuckerberg ne era la dimostrazione.
Doverosa premessa: Marketto è una persona di successo, ha davvero inventato qualcosa e non ha bisogno di presentazioni. Non vorrei sembrare presuntuoso dunque nel dire che ha sbagliato questo o quello. Intanto, come vedremo, lui stesso ha coraggiosamente ammesso degli errori di valutazione, ma questo lo rende soltanto più umile e depone a suo favore (gli errori sono una formidabile occasione di apprendimento e crescita, saperli riconoscere è indice di maturità). E poi magari averli fatti io, i suoi errori…
Lui in realtà in diversi momenti della carriera e a proposito di diversi accadimenti si è assunto le sue responsabilità. In qualche caso lo richiedeva il copione: tutte le big tech nell’ultimo periodo hanno comunicato ondate di licenziamenti post-pandemia, puntualmente annunciate dal CEO di turno e corredate dal mea culpa di rito. Zuck non fa eccezione, tuttavia mi sembra meno scontato e più significativo quello affidato alla seguente dichiarazione che ho avuto modo di leggere di recente in occasione di una sua intervista (a cui tra l’altro ha preso parte anche Satya Nadella).
“The thing that I think I sort of missed there though is there’s a different loop around how people interact with discovered content. So before, the way this worked is you had your list of friends that you followed and you got their content and feed and you commented in line and the interaction was there. Now I think that there’s still some of that, but I think it is by and large shifted to you use your feed to discover content, you find things that are interesting, you send them to your friends in messages and you interact there. So in that world, it is actually somewhat less important who produce the content that you’re finding, you just want the best content.”
Insomma sarebbe cambiata la reason why della fruizione social, l’uso che gli utenti fanno delle app di reti sociali: dall’interazione con amici e parenti alla scoperta di contenuti prodotti da sconosciuti. Considerate che qui stava rispondendo a una domanda molto diretta sul successo travolgente del rivale TikTok e sulla “tiktokizzazione” dei social di casa Meta. In pratica è la schietta ammissione di aver sottovalutato importanti cambiamenti in atto nel mercato, per dirla con Levitt. Una definizione altrettanto chiara, onesta e allo stesso tempo concreta di “marketing myopia” onestamente in questo momento non saprei citarla.
Ma parlando di Marketto, il concetto teorico dimostra la sua attualità anche in un altro senso, molto meno scontato. C’è infatti un fronte in cui Zuckerberg sta dimostrando a suon di milioni di dollari (di perdite) di voler anticipare l’innovazione, altro che miopia! E non gli renderei giustizia, se non lo dicessi forte e chiaro parlando di visioni e strategie di lungo termine. A questo punto avrete capito che sto parlando del metaverso, e per spiegare meglio il mio punto di vista torna utile – ancora una volta – un concetto teorico ormai classico e caro al “vecchio” marketing (con questo termine intendo il marketing come disciplina, che nasce quando ancora il Digital non era stato inventato).
Le matrici, nel marketing almeno, sono strumenti di analisi strategica costruiti in modo rigoroso, ma sono anche molto duttili: così come non esiste un solo modo di segmentare un mercato, ma tanti a seconda di quanti e quali parametri di segmentazione si ritiene utile adottare, anche nel caso delle matrici ci sono vari modi di usare questo strumento. In base alle dimensioni o parametri che inquadrano gli assi, sono possibili varie analisi: le risultanze possono avere più o meno senso, da intendersi essenzialmente come utilità pratica.
In letteratura probabilmente la prima matrice nota è quella prodotti-mercati dovuta a Igor Ansoff, utile per descrivere le strategie aziendali. Tuttavia in questo articolo userò quella (altrettanto nota) del Boston Consulting Group, nata per l’analisi dei prodotti o delle attività in portafoglio finalizzata a prendere decisioni manageriali strategicamente coerenti. Dati i due parametri in ascisse e ordinate, a seconda del quadrante in cui trova posto un prodotto ne deriva la strategia di gestione e il suo ruolo nell’economia complessiva dell’azienda in termini di investimenti richiesti per sostenere la quota di mercato e di flussi di cassa attesi. Credits: le due immagini qui di seguito sono tratte dal sito geo.consulting.
Nel caso di Meta, come in molti altri del resto, la matrice BCG può essere usata a due livelli di analisi: prima di tutto a livello di reti sociali o app social, intendendoli come altrettanti prodotti in portafoglio. A un livello più alto, per le diverse aree di business: come noto l’impero a cui lo scorso anno Marketto ha cambiato nome è una holding che si muove su diversi fronti. Rispetto alla classica versione della matrice BCG, immaginiamo di intendere “Crescita del mercato” come “Tasso di crescita dell’adoption” e il dispositivo comincia a generare un senso.
Cominciamo dai social intesi come prodotti e da dove tutto ha inizio: Facebook. Come stra-noto, Fb è la creatura di Zuckerberg, concepita e inventata quando era al college insieme a Eduardo Saverin e altri compagni di avventura. Le origini di “The Facebook” sono ormai a metà tra storia e mito, ma come se la passa oggi? A dispetto del percepito, e del fatto che a parole ormai viene snobbata dalle generazioni più giovani, a giudicare dalla crescita del numero di utenti giornalieri attivi registrata nel 2022 (+4%) Facebook non è affatto in crisi. È piuttosto nella fase di maturità del suo ciclo di vita (altro concetto del secolo scorso e dovuto a Levitt). Non è certamente un prodotto innovativo, ne è passata di acqua sotto i ponti del mondo dei social network. Ma ha una diffusione massiva e nonostante ciò mostra ancora tassi di crescita: è la classica vacca da mungere, che grazie alle entrate pubblicitarie garantisce flussi di cassa ingenti e costanti.
Instagram è forse la stella di casa Meta. Marketto nel 2012 l’ha comprata non appena ha capito che avrebbe spaccato, pagandola la cifra record (all’epoca) di 1 miliardo di dollari. Negli anni successivi ha fatto il boom ma ad oggi, nonostante cresca di più, Instagram non ha una base utenti paragonabile a quella di Fb. Le statistiche sono tante, a seconda di quali numeri si prendono in considerazione (utenti attivi giornalieri o mensili) sembrerebbe oscillare tra un quarto e la metà. E certamente i nuovi utenti non crescono a tassi confrontabili con quelli di Tik Tok.
Gode però della allure patinata e glamour che ormai manca a Fb: è il regno degli influencer, dell’ostentazione e della fruizione essenzialmente contemplativa e imitativa di lifestyle più o meno reali. Nel tempo Marketto ha copiato praticamente qualunque cosa rischiasse di distogliere da IG l’attenzione (e il tempo) degli utenti. Messaggistica, dirette, stories, reels: ormai IG è un Frankenstein di funzionalità diverse e stratificate che ne hanno cambiato i connotati. In molti casi questa strategia difensiva ha funzionato, nel caso di Tik Tok non tanto (per le ragioni esposte all’inizio).
Poi nella matrice abbiamo i cani. Non so dirvi con esattezza quali siano, non è che conosca tutta la galassia Meta e non era mia intenzione studiarla a fondo per scrivere questo articolo. Di sicuro fino a pochi mesi fa ce n’era uno, che infatti è stato puntualmente eliminato, spento, staccato: Facebook Gaming. La app dedicata al mondo del game doveva attirare e far giocare online sulla piattaforma di Meta giocatori di tutto il mondo e invece, dopo due anni, a ottobre del 2022 ne è stata laconicamente comunicata la chiusura. Twitch non è stata minimante scalfita da questa iniziativa imprenditoriale di Marketto.
A ben vedere, Facebook Gaming non deve necessariamente essere considerato un cane per via della fine che ha fatto. La stessa sorte può toccare anche a un punto interrogativo: il discrimine tra i due quadranti della matrice è il tasso di crescita dell’adoption. E’ anche possibile infatti che il “fallimento” di casa Meta andasse più correttamente posizionato nel quadrante dei punti interrogativi, ovvero che il gaming come settore andasse forte ma quel prodotto/app non fosse sufficientemente attraente o competitivo. Sia nel caso dei cani che in quello dei punti interrogativi, a un certo punto bisogna prendere una decisione. E più che insistere, evidentemente quelli di Meta hanno deciso di ottimizzare spostando due spicci (si fa per dire) sulle sfide davvero cruciali.
Per chiudere sulle app, ora siamo alla vigilia del rilascio di un nuovo prodotto, più volte annunciato: Threads, la sfida di Meta a quello che una volta si chiamava micro blogging (presto sancita, a quanto pare, anche da una autentica scazzottata tra i due maschi alfa). E’ ovvio che Marketto abbia intravisto ghiotte opportunità legate alla fuga da Twitter di molti inserzionisti turbati dal ciclone-Ilone, con questa mossa proverà a occupare lo spazio di mercato che si è venuto a creare.
Le premesse ci sono, a quanto si sa farà leva sull’immensa base utenti di Instagram mentre il prodotto dovrebbe essere un copycat di Twitter; vedremo quanto ci riuscirà. Ma l’adoption di app di quel tipo è da tempo “di massa” e non stiamo parlando di qualcosa che non sia già presidiato anche da altri player (Mastodon è quella che finora ha raccolto i transfughi). Insomma a meno di sorprese clamorose Threads sembra destinata al quadrante dei cani.

Passiamo infine al secondo livello di analisi, invece che di prodotti parliamo più in generale di strategic business unit o di attività/fronti di business. La matrice BCG ci torna ancora utile per una diagnosi di come si sta muovendo e cosa ha in testa Marketto. Stavolta abbiamo certamente le reti/app sociali nel loro insieme nel quadrante delle vacche da mungere; il metaverso in primis, ma anche l’intelligenza artificiale e la messaggistica con Whatsapp (l’altro gioiello della corona) dove si posizionano?
Non c’è dubbio che i social network/media siano ancora il core business di Meta, il passato e il presente. Su quel mercato Meta nel complesso ha una posizione di leadership assoluta e flussi di cassa ingenti generati in primis dalla pubblicità digitale sulle app principali, Facebook e Instagram. E valgono le considerazioni fatte poco fa, oltre che le linee strategiche canoniche che scaturiscono dall’applicazione della matrice BCG.
Il Metaverso invece, nell’opinione e nella visione di Marketto, è decisamente il futuro. Lo ha sostenuto convintamente a più riprese, non solo quando ha cambiato nome alla holding. Lui pensa che il metaverso sia il futuro di internet e della tecnologia, the next big thing, e sta spendendo cifre folli (30+ miliardi di dollari da fine 2020) per svilupparlo e concretizzarlo. Contro ogni evidenza immediata e contro i suoi stessi azionisti. Che dicono che il metaverso è un cane: come tecnologia (o mondo virtuale o ambiente sociale, qualunque sia la forma che prenderà) non sta facendo registrare tassi di crescita dell’adoption tali da prefigurare in tempi certi e ragionevoli una simile visione (e simili investimenti). Mentre lui scommette che, in un orizzonte temporale di medio periodo, diventi un punto interrogativo. E che questo esito vada preparato per tempo, ovvero costruito già da oggi a suon di investimenti.
Per dirla tutta, sicuramente Horizon Worlds nella sua visione è destinato a diventare la nuova stella, quota di mercato forte in un mercato in forte crescita e con una massa critica di utenti adeguata, ma questa è una scommessa ancora più coraggiosa. Mi sento di dire che questa sì, sembra davvero una previsione prematura e azzardata. Allo stato delle cose, il metaverso è una nebulosa confusa e in divenire; esistono idee e modelli diversi di metaverso, magari sarà davvero la nuova internet ma vedremo solo nel tempo che fisionomia assumerà.
Realtà virtuale dove incontrarsi e interagire sotto forma di avatar (la visione di Meta), realtà aumentata à là Apple (Marketto ha già fatto sapere che la trova poco interessante), mondi virtuali persistenti basati su blockchain, smart contract e criptovalute… per non parlare degli infiniti ibridi possibili. Nei primi due casi ci sono all’orizzonte piattaforme tendenzialmente chiuse e proprietarie: ammesso che andrà davvero a finire così, non è detto che Meta avrà la forza di imporre la propria. Nel terzo caso, quello del Web3, stiamo presumibilmente parlando invece di tecnologie/mondi decentralizzati e tendenzialmente interoperabili, un esito che sembra piuttosto lontano da quello narrato da Zuck.
Ci sono altri due fronti di business da posizionare sulla matrice. L’AI o Intelligenza Artificiale, che ha letteralmente surclassato in termini di hype il metaverso, è un mercato con una domanda fortissima: possiamo davvero parlare di stella. Anche se non sembra, Meta è dal 2013 che ci ha investito, con il rilascio di tante applicazioni trasversali ovvero integrate con quelle già presenti nel suo ecosistema, oltre che sugli algoritmi della piattaforma pubblicitaria proprietaria.
In questo ambito insomma il fatto di avere un forte “mercato interno” sembra aver determinato fin qui il basso profilo delle attività di Marketto, rispetto ad esempio al roboante botto di Open AI con ChatGPT e alla guerra dei chatbot conversazionali tra Microsoft e Aphabet (Google) che ne è scaturita. Ma è già trapelata l’indiscrezione secondo cui Meta è praticamente pronta a lanciare una versione commerciale del proprio modello di Intelligenza Artificiale (da gennaio ricercatori e accademici sono al lavoro sul sistema linguistico sottostante), dunque sarà a tutti gli effetti uno dei big player della partita.
E poi c’è WhatsApp, un servizio di messaggistica istantanea contaminato sempre più con elementi di derivazione social (ad esempio il profilo). Ha un ruolo minore nel generare flussi di cassa rispetto alle reti sociali propriamente dette, ma è un pò un laboratorio e ci stanno lavorando: fare emergere la dimensione social (e quella business) anche in quella app significherebbe trovare un nuovo formidabile posizionamento pubblicitario su una base utenti praticamente sterminata. Della serie “due vacche is megl che uan”. Ma la pubblicità deve avere una pertinenza, altrimenti anche lì i competitor (le alternative per gli utenti) non mancano, vedi Telegram.

Per concludere, se sui social network Mark Zuckerberg ha ammesso di non aver colto per tempo importanti cambiamenti in atto nel mercato, sembra che invece sul metaverso abbia una visione tutt’altro che miope, molto coraggiosa e anticipatrice. E che voglia contribuire a costruirla in prima persona, al punto da rischiare grosso e fare “all in”. Horizon Worlds stenta a decollare e brucia soldi che è una bellezza, tuttavia Zuck è sicuro che il futuro di internet e delle reti sociali sia quello. E vuole essere già là quando arriveranno tutti e inizierà la festa. Anzi, vuole essere il padrone di casa.


Una opinione su "Cani e vacche (da mungere), stelle e punti interrogativi: dove sta andando Meta?"